Il Fotone “forse” è fatto così

Dall’Università di Birmingham arrivano nuove prospettive nel campo della fotonica. I ricercatori hanno modellato, per prima volta, l’immagina di un Fotone.

La ricerca di cui vi parlo oggi potrebbe aprire nuove prospettive in settori come la comunicazione, il rilevamento di agenti patogeni e il controllo molecolare nelle reazioni chimiche.

I ricercatori dell’Università di Birmingham hanno applicato una teoria quantistica avanzata per rappresentare la “forma” di un singolo fotone. Specifico che l’immagine ottenuta non rappresenta direttamente il fotone, poiché, essendo una particella quantistica, può essere descritto solo attraverso probabilità. Per la prima volta possiamo vedere un’immagine di questo tipo.

Questo studio esplora il comportamento complesso dei fotoni, esaminando il processo di emissione da atomi o molecole e come la loro forma venga influenzata dall’ambiente circostante.

Le interazioni tra fotoni e il loro contesto generano una moltitudine di possibilità per la propagazione e il comportamento della luce. Tuttavia, questa varietà rende estremamente arduo modellare tali fenomeni, rappresentando una sfida per i fisici quantistici.

I ricercatori di Birmingham hanno sviluppato un modello che descrive le interazioni tra un fotone e l’emettitore, mostrando come l’energia si propaga attraverso il mezzo circostante. Si tratta di un fenomeno difficilmente osservabile direttamente per questo vengono utilizzate le simulazioni.

Cosa dicono gli autori della ricerca

Benjamin Yuen, principale autore dello studio, ha dichiarato: “Siamo riusciti a trasformare un problema apparentemente insolubile in uno calcolabile. Come risultato, abbiamo ottenuto un’immagine di un fotone, qualcosa di mai visto prima nella fisica”.

L’immagine, secondo Yuen, rappresenta una simulazione accurata di un fotone emesso da un atomo posizionato sulla superficie di una nanoparticella di silicio. Questa rappresentazione non è altro che la funzione d’onda del fotone. Si tratta di una distribuzione probabilistica che descrive le aree dello spazio in cui è più probabile individuare il fotone. Le zone più luminose della simulazione indicano una maggiore probabilità di rilevamento.

Angela Demetriadou, coautrice della ricerca, ha sottolineato che “la geometria e le caratteristiche ottiche dell’ambiente influenzano profondamente l’emissione dei fotoni, definendone forma, colore e probabilità di esistenza”.

Secondo i ricercatori, questa scoperta migliora la comprensione dello scambio energetico tra luce e materia e fornisce nuove intuizioni su come la luce si propaga nello spazio circostante, sia a livello microscopico che macroscopico.

Molti dati precedentemente considerati come “rumore” si sono rivelati contenere informazioni significative, ora interpretabili e utili.

Questo progresso nella comprensione delle interazioni tra luce e materia potrebbe avere applicazioni future in tecnologie come sensori avanzati, celle fotovoltaiche più efficienti e computer quantistici di nuova generazione.

Puoi leggere il mio approfondimento anche su DDay.it


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